QUANDO L’ARTE INCONTRA IL DESIGN.

Dedica un po’ di tempo per te.
Fallo perché ti vuoi bene e magari condividi questo momento con chi ha tempo e voglia di stare in tua compagnia.
Magari potrebbe essere un bel regalo ma soprattutto un modo per passare del tempo insieme con in mano una tazza di the .



E tu con chi ami passare i tuoi pomeriggi? Con il tuo lui? La tua lei? Con un’amica tanto cara a te ? Oppure semplicemente da sola per staccare da tutto e tutti? Io? Beh a volte da sola altre in compagnia…quella buona però.
Ed è così semplicemente nascono le mie tazze d’autore estratte dai miei dipinti.
Eh si hai capito bene! L’arte può essere identificata anche in un oggetto d’arredo anche d’uso quotidiano.






Potrebbe essere un ottimo regalo per un evento speciale o semplicemente personalizzare una tazza da donare…magari ritraendo proprio la persona che la riceverà! Di sicuro la lascerete senza parole e sarà un modo originale per dimostrare il vostro affetto.

Queste bellissime tazze sono state realizzate da @rominagadau.it ed è stata una collaborazione produttiva che a breve potrebbe concretizzare in altro.
Rimanete all’ascolto e v’invito a dare uno sguardo alla pagina Instagram di @rominagadau.it



Quante di noi si sono riviste in Marilù?

E si in ogni donna c’è una Marilù che ha pianto, sofferto per un amore non corrisposto,un amore che ti chiude lo stomaco e stringe la gola…tutto ruota intorno ad esso e sei così presa da non accorgerti che stai sbagliando tutto…non capisci che non è quella la vita che meriti, ma il tuo cuore oramai stregato, il cervello non lo ascolta.



Anche io come Marilù un giorno da una panchina mi sono alzata, ho buttato un anello e con gli occhi annebbiati dalle lacrime sono andata via giurando a me stessa che mai più un uomo mi avrebbe visto piangere così. Mi sentii sparire come Marilù seduta a quel bistrò…anche quel giorno iniziò a piovere ,come quel giorno io non tornai mai più indietro.



Eppure per una Marilù che ha trovato il coraggio di andar via, quante ancora sono ferme in quel bistrò, intrappolate nell’idea perfetta di un amore imperfetto ed effimero?

Dov’è la tua Marilù?

È lontana e vive la vita che meritava o è seduta in un bistrò a guardare la pioggia cadere?

Dedicato a tutte le Marilù nel mondo che hanno scelto di andar via e a coloro che devono trovare il coraggio.

Dalla serie INCOMPIUTA /MARILÙ

Modella @n.mariangela_b

di Casaccia Irene



Cettina e la sua casetta sull’albero.

Quando ho iniziato questa rubrica non avrei mai pensato che nel corso del tempo avrei intervistato così tante donne che attraverso la mia penna si sono raccontate a cuore aperto.
“Le donne e l’arte al tempo del Covid ” è diventato un vero e proprio movimento femminile e qui ogni donna si è aperta a me tirando fuori dal cilindro sogni, speranze e perché no anche piccoli fallimenti dai quali hanno tratto insegnamenti.



Mi posso ritenere fiera di quello che ho creato in un mio momento di smarrimento; una pandemia in corso può creare dentro crateri profondi.
Ma ora veniamo alla prossima donna; Cettina( @Carryethesquare nikname in Instagram)una ragazza siciliana tutta pepe dalla voce roca che mi dice di non riuscire a definirsi con facilità, ma fidatevi in realtà ci riesce benissimo!!! Grande parlantina e un profilo Instagram che cattura la mia curiosità scorrendo la sua gallery in special modo scorgo un messaggio intimo e profondo nella sua Bio che dice così:”Voglio essere imperfetta come le crepe di Cohen in cui entra sempre la luce”.



Imperfezione è la parola che mi convince ad intervistarla e visto che il caso non esiste, di sicuro c’è un motivo per cui le nostre strade virtuali si sono incrociate e sono pronta a scoprirlo.
Se volete cogliere la luce dovrete leggere fino alla fine. Pronti? E allora prendete gli occhiali da sole ed entriamo nel mondo di Cettina.



Cettina parlami di te, dal tuo lavoro ai tuoi sogni.

Il mio nome completo è Maria Concetta, nome che porta con se tutta la Sicilia.
Vivo in un piccolo paese in provincia di Palermo da poco più di un anno, ma sono nata e cresciuta nella variopinta Palermo.
Questo piccolo paese mi ha accolta con grande affetto e regalato tanto, mi ha rimessa in contatto con la natura e con me stessa.
Proprio qui mio marito ha un’azienda agricola e io mi occupo di un piccolo b&b di famiglia nel quale cerco ogni mattina di preparare la colazione più golosa e rilassante per i miei ospiti.
Sogno di visitare l’intero globo e per questo ho sempre lo zaino pronto per nuove avventure, vicine e lontane. Sono una vecchia hippie che in(s)contra la vita quotidiana.

Quali sono gli obbiettivi che hai prefissato per il tuo B&B? Come lo vedi tra 10 anni?

Ho tanti progetti per la crescita del b&b ma il mio sogno più grande è quello di realizzare una struttura totalmente immersa nella natura, un po’ come i moderni glamping europei, per poterne assaporare in pieno colori, odori, suoni e sapori e regalare esperienze magiche ai miei ospiti. E’ il mio desiderio sin da bambina, svegliarmi dentro una casetta su un albero…e mi sono detta:”a chi non piacerebbe?”



Partiamo per un viaggio chiamato College estivo ; raccontami di questa esperienza lavorativa: cosa mettevi in valigia prima di ripartire dopo ogni stagione?

Ogni estate, per diversi anni, ho avuto la fortuna di poter fare il lavoro più bello del mondo: Direttrice di un college all’estero per ragazzi italiani.
In pochi anni è diventato il lavoro per il quale abbandonavo tutti i lavori invernali noiosi (magari più remunerativi. L’ho detto che sono hippie!!)
Ho scoperto per prima la verde Irlanda, che mi ha rigenerata in tutti i sensi e poi tappa fissa a Barcellona.
Avevo sempre paura prima di ogni viaggio; la responsabilità era grande ma al ritorno ero sempre io quella più ricca dentro.
Ho imparato tantissimo da chi mi stava intorno, dai colleghi, dalla mia esperienza, dai miei errori e anche dai ragazzini; anzi sono stati proprio loro a darmi le migliori lezioni di vita, lo ammetto.
Di aneddoti ne avrei a migliaia, perché passare mesi a gestire un college con adolescenti in pieno caos ormonale, in vacanza all’estero è stato come sedersi sullo Shambala di Portaventura e ogni sera non ho fatto altro che ringraziare il cielo di averli riportati in college sani e salvi.
Di cori a fine vacanza me ne hanno urlati parecchi, alcuni strappalacrime altri divertenti ed è impossibile fermare un coro di centinaia di ragazzi, giuro.
Ma sono stati i loro abbracci quando li “rimettevo” sul pullman per l’aeroporto di ritorno in Italia, che mi hanno fatto capire quanto io abbia ricevuto.



Tra le tue foto scopro che la danza ha un grande ascendente; dici che anche con un po’ di pancetta continui a piacerti e la danza ti rende libera di esprimere quell’indole indomabile. Questo è un messaggio forte per tutte quelle ragazze che vogliono essere perfette. Cosa insegna la danza e soprattutto cosa ti ha insegnato.



E’ stata sempre la danza orientale a salvarmi. E’ isola felice, è libertà, gioia e femminilità.
Ballo ormai da molti anni e l’ho sempre fatto per me stessa; gli spettacoli, le esibizioni, il palco, erano il tramite per esprimere la gioia e la libertà che provavo.
E attraverso questa passione ho vissuto emozioni magiche; ho calcato palchi che mai avrei immaginato; ho conosciuto persone di mondi diversi, ho trovato le migliori amiche al mondo, ho imparato ad amare la cultura araba, ho studiato con maestri ai quali ho lasciato il cuore, ho imparato e ricevuto tanto. La danza orientale, al contrario di altre discipline, ti permette di danzare con qualsiasi fisicità. È libera da schemi e regole ormai superate.
Risponde a quella mia esigenza di non essere collocata dentro nessun genere, che vale per l’orientamento sessuale, la religione, la classe sociale e per la forma fisica. Grazie a essa ho riscoperto la mia femminilità che passa attraverso le mie curve, oggi più accentuate. Con la danza orientale impari ad amare te stessa e a coccolarti.
Mentre balli un brano egiziano, senza accorgertene, il tuo cuore comincia a sorridere.



Dopo la danza, la fotografia diviene una sorta di necessità per te. Sei un soggetto interessante devo ammetterlo e questo traspare chiaro nei tuoi scatti. Mi vuoi parlare di questa tua cara amica Reflex?

L’immagine per me è lo strumento migliore per raccontare la mia creatività, il mio modo di vedere le cose. Le mie foto raramente sono realistiche, sono la mia interpretazione romantica.
Ho sempre amato fotografare la natura in tutte le sue forme e ho trovato un’alleata nella Macrofotografia, che è quel genere fotografico che come una lente di ingrandimento osserva oggetti talmente da vicino da isolarli e svincolarli dal loro significato nativo, per renderli qualcosa che la mente interpreta come preferisce, giocando con forme e colori quasi astratti.
Recentemente ho scoperto che non disdegno fotografare anche luoghi meno bucolici e volti di ogni tipo, ricercando sempre sentimenti e storie da raccontare vere, per questo oggi porto sempre con me la mia reflex.



Domanda di rito a tutte le donne che ho intervistato ma aggiungo una frase presa dal tuo profilo:………. Che messaggio vuoi lanciare alle donne la fuori e come è cambiata e cambierà la tua vita professionale dopo il Covid? Speri ancora di vedere tra le fessure la luce?

Lanciare un messaggio è una bella responsabilità, ma è un’opportunità che colgo con onore.
Il Covid, o meglio l’anno in cui il Covid ha cambiato le nostre vite, è stato come una scuola per me. Dopo momenti di sconforto e anche di rabbia, ho deciso di sfruttare al meglio, quel brutto periodo di lockdown. Inevitabilmente abbiamo dovuto fare i conti con noi stessi: e io l’ho fatto. Ho cercato di capire cosa veramente volessi fare nella mia vita e come trasformare questo mio immenso amore per la natura e il benessere che lei ci dona, in qualcosa che potesse diventare un lavoro e soprattutto da condividere con più gente possibile.
E’ stato proprio durante il lockdown che sono nate molte idee e anche se la pandemia ci ha tolto tanto, umanamente e lavorativamente, resta per me un periodo di profondo studio interiore.
E’ dura riprendere l’attività di un b&b in un momento dove il turismo è fermo e soprattutto dove si ha paura di “ospitare” qualcuno in casa propria. Ma non mi fermo proprio ora che ho imparato a stare in piedi da sola.
Quindi sono certa che continuerò a vedere la luce tra le fessure, magari tra le tavole di legno di una casa su un albero!



Mentre finisco di trascrivere le ultime battute di questa intervista, e controllo le foto che Cettina mi ha inviato,una mi salta agli occhi; lei che soffia a dei petali .
Non solo scorgo la luce tra le fessure, ma riesco a vedere attraverso un semplice gesto, la voglia di far volare in alto e leggeri, sogni, speranze, obbiettivi e solo ora capisco il significato della casetta sull’albero…più sarà alto quell’albero e più ci sentiremo liberi come uccelli che dopo ogni volo tornano sempre al nido.

di Irene Casaccia



Leben un racconto scritto a quattro mani.

Irene Casaccia


Avete presente quando mente e mano si rifiutano di collaborare mettendo in atto un vero e proprio ammutinamento? Bene! Questo è quello che mi è successo negli ultimi giorni.
Leben era di fronte a me aspettando che ne decantassi le lodi e tutto ciò che avesse significato per me dal momento della sua nascita alla creazione, ma nulla ! Nella testa solo buio e quando ti trovi in una situazione così, l’unica cosa giusta da fare è dormirci su, e mentre mi giravo e rigiravo nel letto tentando invano di prendere sonno infastidita dal mostro che tutti chiamavano “blocco dello scrittore”, ecco l’illuminazione.
Il mattino seguente lanciai sulla mia pagina Instagram una proposta: critici d’arte per un giorno, ovvero chiunque guardando il mio Leben poteva dare una suo giudizio, una sensazione, un’emozione ecc. A mia volta raccolte le testimonianze, avrei trascritto nel blog e menzionato i “critici”.
Visto che gli “ammutinati non volevano saperne di arrendersi, l’unica soluzione era scrivere di Leben a più mani e perché no avvicinare a me persone curiose della mia arte.
A dire la verità, la paura di fare un bel buco nell’acqua ,ha attraversato i miei pensieri. E se nessuno avesse risposto? Sai che figuraccia… ma dovevo rischiare e soprattutto aprire una porta al mondo.
Piano piano con mio stupore arrivavano i primi messaggi; tre per dire la verità, ma era sempre un inizio voi che dite? Ma ora vi lascio a loro.



Mino D’antonio è stato il primo critico d’arte con la sua testimonianza: “Ricorda il caleidoscopio, con cui si giocava da bambini, mi da comunque una sensazione positiva”.
Leben suscita in Mino un ricordo d’infanzia ,quando ancora si giocava all’aperto fino a tardo pomeriggio, quando con un piccolo oggetto come il caleidoscopio scoprivamo mondi sfaccettati e lucenti fuori dalla realtà. Per lui è una sensazione che suscita positività, infatti nella parola caleidoscopio si cela un significato assai più profondo: Kalos= bello Eidos= figura e Scopion = strumento.
Non posso fare a meno di pormi una domanda: “In una società fatta di apparenza abbiamo forse bisogno di uno strumento simile per coglierne la vera essenza?”



Il primo critico cede il posto a Gabriella Trovato che apre uno scenario diverso:” Un paesaggio acquatico, con meduse e coralli, ma anche un mondo cellulare piccolissimo”. Gabriella pone il focus su questo mondo acquatico dove tutto si muove con lentezza e grazia, un cosmo fatto di micro organismi che protetti dall’acqua, persistono da un ambiente sociale che brama nell’impazienza e impellente sete di fare più del necessario; qui dove l’acqua attutisce il caos, la vita è incontaminata.
Anche qui il pensiero di Gabriella mi spinge ad una domanda: “Come sarebbe il mondo senza l’incessante corsa al potere , e se rallentassimo per un istante? Di certo la vita prenderebbe un gusto più dolce e meno insulso”.

Ultimo critico per questo articolo di sicuro fuori dai canoni è Pina Buonocore che nelle sue parole ci fa viaggiare forse all’interno di una favola: “Vedo una caverna delle meraviglie tutta colorata con un buco enorme dal soffitto dal quale filtra un cielo colorato dal sole.”
Pina descrive una caverna come un luogo protetto dove rifugiarsi e non un infido buco dal quale puoi trovare un lupo pronto a sbranarti, ma aperta nella parte alta dove poter guardare le stelle o sentire il calore del sole nelle calde giornate di Maggio.
Sarà forse la sua caverna delle meraviglie che rivede in Leben Pina? Oppure è la ricerca di un spazio intimo da custodire e proteggere? Chissà forse solo lei potrà rispondere al mio quesito.



Ma ora veniamo a me; scommetto che sarete curiosi di sapere cosa ha suscitato in me Leben…già vi vedo lì che pensate cosa mi frullasse nella testa mentre lo realizzavo.
Vi accontento con la mia personale critica artistica:
Leben dal tedesco :Vita
Una piccola parola che racchiude l’intero universo dentro se; una vita nuova, una vita che finisce e un’altra che inizia, prendo la scelta che cambierà per sempre la mia vita, voglio una vita migliore, tu non sei nessuno per decidere della mia vita e così all’infinito.
Come può un’impercettibile espressione avere tanto potere? Quanta importanza le diamo? E tu che vita hai, che vita vorresti? La cambieresti?
E con questi interrogativi al quale è difficile dare una giusta e sensata sentenza vi lascio alla creatura che di sicuro ha mutato la mia vita artistica.





#creativitàdemocratica e dove trovarla.

Gabriella Trovato


L’intervista di oggi arriva in Sicilia, dove ad aspettarmi c’è Gabriella Trovato, artista e insegnante dell’atelier Duediquadri.
Gabriella, ti mette subito a tuo agio e come non si fa a non esserlo in un posto dove il colore la fa da padrone e la tua attenzione si sposta da un angolo all’altro della stanza. Materiale da recupero riprende vita nuova in questa piccola bomboniera di studio, perché anche se qualcosa è vecchio non vuol sempre dire che non si possa più usare…forse ha solo bisogno di essere visto in modo diverso. Ma veniamo all’intervista e così ci mettiamo comode davanti a un caffè e ha inizio la storia di una donna che crede al potere della creatività che lei ama chiamare #creativitàdemocratica.



Su Instagram ti conosciamo con il nik name : duediquadri_atelier. Ci vuoi raccontare chi c’è dietro?

Sono Gabriella Trovato – artista ed esperta in didattica dell’arte. In Sicilia a Catania ho un atelier che ho chiamato “Duediquadri” dove lavoro e tengo corsi e workshop legati al mondo delle arti visive. Dopo la laurea all’accademia di Brera di Milano ho iniziato a lavorare alla creazione e conduzione di laboratori artistici con adulti e bambini e ho sempre di più sposato la lezione di Bruno Munari e di altri artisti eccelsi che ci hanno invitato a riappropriarci della creatività, vedendola non come un talento riservato a pochi eletti ma come una strategia di libertà a portata di chiunque voglia provarci. A questo scopo ho creato un progetto di divulgazione diffuso soprattutto sui social con l’hashtag #creativitàdemocratica. Con un racconto diretto, non didattico e nozionistico ma poetico e pratico, provo ad avvicinare l’arte e la creatività al mondo dei non addetti ai lavori, ricordando alla sempre crescente community che si raccoglie attorno al progetto che gli artisti non sono solo geni da ammirare ma ci aiutano concretamente a fare più grande la nostra realtà.
Ogni settimana propongo online e in presenza degli esercizi di allenamento creativo, per supportare chi crede di “non esserne capace” a ripristinare e coltivare il dialogo con l’immaginazione e la capacità di trasformare la realtà. Ogni giorno mi batto per tirare fuori la didattica dell’arte dal piccolo orizzonte del lavoretto, facendone elemento indispensabile alla formazione di qualsiasi individuo, ciò che lo rende capace di sovvertire ogni regola imposta, scoprirsi libero e autentico.



Nella tua biografia descrivi il tuo atelier come uno spazio bianco dove l’immaginazione accade. Quando e perché hai deciso di aprire la tua scuola d’arte?

Non l’ho mai deciso, è accaduto appunto! Quando sono tornata da Milano con una laurea in tasca, ho collezionato un bel po’ di esperienze lavorative infelici. Ho deciso allora di vendere i prodotti artigianali che realizzavo saltuariamente, ho improvvisato un laboratorio nel soppalco del garage e questo mi ha restituito libertà, seppur con tanti sacrifici. Disegnavo solo per passatempo. Dopo qualche tempo ho aperto uno studio più grande e sono venuti a cercarmi due ragazzi che cercavano un corso di disegno. Io ho risposto “qui non ne abbiamo, posso informarmi per voi e vedere chi li tiene” e loro mi hanno risposto “noi vogliamo fare un corso con te”, mi è sembrato assurdo perché non mi ritenevo assolutamente capace di farlo. Ho tentato, facendo una prima locandina, sicura che non si sarebbe presentato nessuno. E invece la classe era piena dopo una settimana e i corsi da allora non si sono più fermati. Era nato il mio Atelier e non me n’ero accorta!



Guardando le foto del tuo atelier ho notato tanta cura nei particolari, oggetti di recupero tornati a nuova vita. Per te ogni oggetto è un’opportunità creativa?

Ho come la sensazione che la nostra coscienza si estenda anche agli oggetti. Con la maggior parte di quelli che mi circondano nei miei spazi ho un rapporto affettivo, che vuole a tutti i costi allontanarsi dalla logica del consumo in cui siamo immersi. Io “consumo” poco ma curo e trasformo gli oggetti che ho perché mi interessa la loro storia, il modo in cui mi hanno influenzato, il vissuto di cui sono depositari. Per questo nel mio atelier vedi tanti mobili rubati al cassonetto o ai mercatini delle pulci che si sono trasformati diventando parte di me.



Parlaci un po’ delle attività che si svolgono nella tua scuola.

Quando l’ho aperta era un posto diverso da come è oggi. A poco a poco le persone che lo hanno frequentato mi hanno svelato chi sono e ciò che so fare meglio. Sono stati loro a dirmi che riesco a trasmettere la mia passione e soprattutto a incoraggiare chi sente che la strada della creatività gli sia preclusa. Ho notato che si verificava una trasformazione magica in chi varcava la porta dell’atelier, è diventato un luogo protetto dove la creatività è libera di manifestarsi, fuori dai ruoli, dalle convenzioni dai doveri del quotidiano. Ho capito che la mia energia e quella del luogo era più importante delle nozioni tecniche. Quindi ufficialmente faccio corsi di disegno, pittura e altre tecniche ma concretamente accendo una miccia, do una piccola spinta agli altri e contemporaneamente anche a me stessa. Il lavoro di gruppo ha potenziato moltissimo il mio percorso artistico, portandomi molto lontano dai miei piani.



Come artista, cosa vorresti lasciare ai tuoi allievi e in speciale modo ai tuoi giovani allievi?

Vorrei sperimentare sempre insieme a loro, perché nell’arte non ci sono certezze, solo tante domande. A loro dico sempre di essere più buoni con sé stessi, eliminare quella comunicazione attraverso cui sempre ci denigriamo a suon di “non sono capace”, “il mio disegno fa schifo”. Dicendolo a loro incoraggio anche me stessa, perché predico bene ma sono molto severa nei miei riguardi. Vorrei che la creatività fosse spogliata dalla richiesta implicita di dover produrre per forza capolavori che legittimino il tempo che le si dedica, vorrei che tutti potessimo prendere di nuovo confidenza con il linguaggio delle immagini, per esplorare mondi che non entrano dentro le parole che usiamo. Vorrei che ci stimolassimo sempre a vicenda per aiutarci a cambiare idea, guardare il mondo sottosopra, non dare nulla per scontato.



Domanda di rito; cos’è l’arte per te, com’è cambiata al tempi del Covid e come bisogna intervenire affinché non sparisca?

Non credo che l’arte sparirà, ci saranno sempre persone che la coltiveranno per necessità, per urgenza. Il problema è che (Covid o non Covid) viviamo in una società per cui l’arte e la cultura sono trascurabili, a meno che non facciano battere cassa. Lo vediamo soprattutto in questo periodo in cui i centri commerciali sono aperti e teatri, musei e associazioni culturali invece chiusi. Più chiaro di così! E’ un messaggio non trascurabile che naturalmente all’arte fa male, il sistema si è impoverito, ci sono più mercanti e meno critici. L’arte non sparirà ma questa società tenta di neutralizzarla e con un motivo molto preciso: l’arte rende liberi, incoraggia l’individualità e il sovvertimento delle regole, l’arte da sempre attenta a quel potere che ci vuole tutti uguali, distratti, facilmente controllabili. Per me è semplicemente modo di stare al mondo, di esplorarlo e contemporaneamente cambiarlo.




La mia intervista si conclude qui, ma non la mia amicizia con Gabriella con la quale condivido idee tra cui lo studio della pittura intuitiva e la ricerca costante di noi stessi attraverso gesti quotidiani, parole che hanno un grande potere su di noi e sulla nostra vita creativa.
Qui voglio aprire una parentesi sulle parole; ogni anno scrivo a me stessa una lettera sui buoni propositi per il nuovo anno puntando il focus su alcune parole o frasi.
Con un semplice gioco creativo che Gabriella mia ha insegnato, scegliendo una parola giusta per ognuno di noi, essa avrà un grande potere su di noi se lo permetteremo.



Una semplice parola può essere così forte?

Questo ve lo dirò alla fine di quest’anno.

Chiudo questo articolo guardando due parole scritte su un piccolo foglio:
RISVEGLIO EVOLUZIONE.
Parole di un certo peso ma auguro a tutti di risvegliarci in piena evoluzione.

di Casaccia Irene.