#creativitàdemocratica e dove trovarla.

Gabriella Trovato


L’intervista di oggi arriva in Sicilia, dove ad aspettarmi c’è Gabriella Trovato, artista e insegnante dell’atelier Duediquadri.
Gabriella, ti mette subito a tuo agio e come non si fa a non esserlo in un posto dove il colore la fa da padrone e la tua attenzione si sposta da un angolo all’altro della stanza. Materiale da recupero riprende vita nuova in questa piccola bomboniera di studio, perché anche se qualcosa è vecchio non vuol sempre dire che non si possa più usare…forse ha solo bisogno di essere visto in modo diverso. Ma veniamo all’intervista e così ci mettiamo comode davanti a un caffè e ha inizio la storia di una donna che crede al potere della creatività che lei ama chiamare #creativitàdemocratica.



Su Instagram ti conosciamo con il nik name : duediquadri_atelier. Ci vuoi raccontare chi c’è dietro?

Sono Gabriella Trovato – artista ed esperta in didattica dell’arte. In Sicilia a Catania ho un atelier che ho chiamato “Duediquadri” dove lavoro e tengo corsi e workshop legati al mondo delle arti visive. Dopo la laurea all’accademia di Brera di Milano ho iniziato a lavorare alla creazione e conduzione di laboratori artistici con adulti e bambini e ho sempre di più sposato la lezione di Bruno Munari e di altri artisti eccelsi che ci hanno invitato a riappropriarci della creatività, vedendola non come un talento riservato a pochi eletti ma come una strategia di libertà a portata di chiunque voglia provarci. A questo scopo ho creato un progetto di divulgazione diffuso soprattutto sui social con l’hashtag #creativitàdemocratica. Con un racconto diretto, non didattico e nozionistico ma poetico e pratico, provo ad avvicinare l’arte e la creatività al mondo dei non addetti ai lavori, ricordando alla sempre crescente community che si raccoglie attorno al progetto che gli artisti non sono solo geni da ammirare ma ci aiutano concretamente a fare più grande la nostra realtà.
Ogni settimana propongo online e in presenza degli esercizi di allenamento creativo, per supportare chi crede di “non esserne capace” a ripristinare e coltivare il dialogo con l’immaginazione e la capacità di trasformare la realtà. Ogni giorno mi batto per tirare fuori la didattica dell’arte dal piccolo orizzonte del lavoretto, facendone elemento indispensabile alla formazione di qualsiasi individuo, ciò che lo rende capace di sovvertire ogni regola imposta, scoprirsi libero e autentico.



Nella tua biografia descrivi il tuo atelier come uno spazio bianco dove l’immaginazione accade. Quando e perché hai deciso di aprire la tua scuola d’arte?

Non l’ho mai deciso, è accaduto appunto! Quando sono tornata da Milano con una laurea in tasca, ho collezionato un bel po’ di esperienze lavorative infelici. Ho deciso allora di vendere i prodotti artigianali che realizzavo saltuariamente, ho improvvisato un laboratorio nel soppalco del garage e questo mi ha restituito libertà, seppur con tanti sacrifici. Disegnavo solo per passatempo. Dopo qualche tempo ho aperto uno studio più grande e sono venuti a cercarmi due ragazzi che cercavano un corso di disegno. Io ho risposto “qui non ne abbiamo, posso informarmi per voi e vedere chi li tiene” e loro mi hanno risposto “noi vogliamo fare un corso con te”, mi è sembrato assurdo perché non mi ritenevo assolutamente capace di farlo. Ho tentato, facendo una prima locandina, sicura che non si sarebbe presentato nessuno. E invece la classe era piena dopo una settimana e i corsi da allora non si sono più fermati. Era nato il mio Atelier e non me n’ero accorta!



Guardando le foto del tuo atelier ho notato tanta cura nei particolari, oggetti di recupero tornati a nuova vita. Per te ogni oggetto è un’opportunità creativa?

Ho come la sensazione che la nostra coscienza si estenda anche agli oggetti. Con la maggior parte di quelli che mi circondano nei miei spazi ho un rapporto affettivo, che vuole a tutti i costi allontanarsi dalla logica del consumo in cui siamo immersi. Io “consumo” poco ma curo e trasformo gli oggetti che ho perché mi interessa la loro storia, il modo in cui mi hanno influenzato, il vissuto di cui sono depositari. Per questo nel mio atelier vedi tanti mobili rubati al cassonetto o ai mercatini delle pulci che si sono trasformati diventando parte di me.



Parlaci un po’ delle attività che si svolgono nella tua scuola.

Quando l’ho aperta era un posto diverso da come è oggi. A poco a poco le persone che lo hanno frequentato mi hanno svelato chi sono e ciò che so fare meglio. Sono stati loro a dirmi che riesco a trasmettere la mia passione e soprattutto a incoraggiare chi sente che la strada della creatività gli sia preclusa. Ho notato che si verificava una trasformazione magica in chi varcava la porta dell’atelier, è diventato un luogo protetto dove la creatività è libera di manifestarsi, fuori dai ruoli, dalle convenzioni dai doveri del quotidiano. Ho capito che la mia energia e quella del luogo era più importante delle nozioni tecniche. Quindi ufficialmente faccio corsi di disegno, pittura e altre tecniche ma concretamente accendo una miccia, do una piccola spinta agli altri e contemporaneamente anche a me stessa. Il lavoro di gruppo ha potenziato moltissimo il mio percorso artistico, portandomi molto lontano dai miei piani.



Come artista, cosa vorresti lasciare ai tuoi allievi e in speciale modo ai tuoi giovani allievi?

Vorrei sperimentare sempre insieme a loro, perché nell’arte non ci sono certezze, solo tante domande. A loro dico sempre di essere più buoni con sé stessi, eliminare quella comunicazione attraverso cui sempre ci denigriamo a suon di “non sono capace”, “il mio disegno fa schifo”. Dicendolo a loro incoraggio anche me stessa, perché predico bene ma sono molto severa nei miei riguardi. Vorrei che la creatività fosse spogliata dalla richiesta implicita di dover produrre per forza capolavori che legittimino il tempo che le si dedica, vorrei che tutti potessimo prendere di nuovo confidenza con il linguaggio delle immagini, per esplorare mondi che non entrano dentro le parole che usiamo. Vorrei che ci stimolassimo sempre a vicenda per aiutarci a cambiare idea, guardare il mondo sottosopra, non dare nulla per scontato.



Domanda di rito; cos’è l’arte per te, com’è cambiata al tempi del Covid e come bisogna intervenire affinché non sparisca?

Non credo che l’arte sparirà, ci saranno sempre persone che la coltiveranno per necessità, per urgenza. Il problema è che (Covid o non Covid) viviamo in una società per cui l’arte e la cultura sono trascurabili, a meno che non facciano battere cassa. Lo vediamo soprattutto in questo periodo in cui i centri commerciali sono aperti e teatri, musei e associazioni culturali invece chiusi. Più chiaro di così! E’ un messaggio non trascurabile che naturalmente all’arte fa male, il sistema si è impoverito, ci sono più mercanti e meno critici. L’arte non sparirà ma questa società tenta di neutralizzarla e con un motivo molto preciso: l’arte rende liberi, incoraggia l’individualità e il sovvertimento delle regole, l’arte da sempre attenta a quel potere che ci vuole tutti uguali, distratti, facilmente controllabili. Per me è semplicemente modo di stare al mondo, di esplorarlo e contemporaneamente cambiarlo.




La mia intervista si conclude qui, ma non la mia amicizia con Gabriella con la quale condivido idee tra cui lo studio della pittura intuitiva e la ricerca costante di noi stessi attraverso gesti quotidiani, parole che hanno un grande potere su di noi e sulla nostra vita creativa.
Qui voglio aprire una parentesi sulle parole; ogni anno scrivo a me stessa una lettera sui buoni propositi per il nuovo anno puntando il focus su alcune parole o frasi.
Con un semplice gioco creativo che Gabriella mia ha insegnato, scegliendo una parola giusta per ognuno di noi, essa avrà un grande potere su di noi se lo permetteremo.



Una semplice parola può essere così forte?

Questo ve lo dirò alla fine di quest’anno.

Chiudo questo articolo guardando due parole scritte su un piccolo foglio:
RISVEGLIO EVOLUZIONE.
Parole di un certo peso ma auguro a tutti di risvegliarci in piena evoluzione.

di Casaccia Irene.