Le donne e l’arte al tempo del Covid19. Irene Casaccia

Inno alla gioia. Acrilico su tela 50×70


Irene Casaccia
Ecco ci siamo! Quel giorno è arrivato,oggi si chiude il cerchio e mi racconto attraverso domande non mie. Ed eccole dinanzi a me come un plotone d’esecuzione che sogghigna prima di colpire. Mordo il labbro e penso a quale malsana idea avessi avuto nel tirarmi dentro questa intervista, ma ormai sarebbe da disertori abbandonare la chiamata alla battaglia. E così il primo ufficiale Loana Palmas mi fa sedere e da inizio a quello che per me sarà un vero e proprio interrogatorio.



Innocence


Ora tocca a me,come mai hai deciso d’intervistare donne che si occupano d’arte e cosa ti ha portato ad avvicinarti ad essa ?
In realtà questi articoli sono un mio omaggio a tutte quelle donne che oltre alla loro carriera artistica che sia principale o secondaria, ogni giorno si ritrovano come giocolieri funamboli a percorrere un filo con almeno dieci birilli in mano che volteggiano. Nessuna di loro se pur barcollando farà cadere un solo birillo perché prezioso anche se quell’equilibrio a volte è troppo precario. E poi diciamola tutta: sai che noia ancora a parlare di uomini! Nei secoli non s’è fatto altro e a noi solo pochi accenni. Chi può dire che non saremo le prossime Frida Kalo.
Per quanto riguarda l’arte,questa sfacciata amica nemica mi ha ossessionato fin da piccola. Arrivare dal disegno alla pittura è stato per me facile come respirare e anche se a volte mi soffoca, non riesco a farne senza.
Bevo un sorso d’acqua e l’agitazione diventa palpabile ma so già che la prossima domanda arriverà come una fucilata, infatti Loana cede il posto al suo commilitone Valentina De Chirico. Mi punta la lampada contro e tuona.



Particolare di Innocence acquerello su carta 30×40


Quale soggetto ti piace e ti appaga di più dipingere e quale proprio non riesci a mettere su tela?
Troppo facile per me rispondere. Di sicuro amo ritrarre volti ma in particolar modo i loro occhi. Carpire ogni loro segreto che pian piano si palesa a me sotto il tratto delle mie matite. Entrare in sintonia con i miei soggetti è un viaggio verso l’ignoto,oscuro ed eccitante, d’altro canto quello che non riesco a mettere su tela sono proprio i miei occhi, forse voglio tener quel segreto celato al mondo. La fatica inizia a farsi sentire con il colpo sferrato dal tenente Romina Gadau.



Irene Casaccia


Mi piacerebbe conoscere le tue origini artistiche e come li vedi realizzati nel tuo futuro e dove vorresti arrivare?
I pugni si stringono e lo stomaco fa male come allora. Non sono ancora pronta a parlarne liberamente ma ti basti sapere che per quindici anni sono stata lontana dall’arte e non c’è giorno che io non mi penta di questo. Ho incontrato il mio maestro e come sua allieva ho ricominciato a respirare la mia vera natura. Mi capita di chiedermi come sarebbe stata la mia vita facendo la scelta giusta. Sicuramente oggi non avrei ne un marito ne due splendidi figli e per loro rifarei lo stesso percorso. Il mio futuro? Al momento vedo solo nebbia fitta che spero si diradi con il tempo.
Tiro un respiro e chiedo una vodka ma ottengo un bicchiere d’acqua dall’ufficiale dietro di me e mentre butto giù quello che vorrei fosse alcool, lei il comandante Fantasvale mi toglie il bicchiere e procede.



Dragons. Acrilico su tela 80×80


Nei tuoi lavori noto una particolare sensibilità per il colore ma soprattutto per gli accostamenti cromatici audaci. Che relazione hai con il colore? E se dovessi per forza scegliere: arte astratta o figurativa?
-Sicura di non volermi dare quella vodka?- A quanto pare finge di non sentire e così rispondo. Il colore fa parte della mia natura piena di sfaccettature, non a caso gli accostamenti sono audaci, io stessa lo sono nel profondo anche se lo soffoco il mio io vero e dormiente esce e prende il sopravvento in fase creativa. Scegliere tra un astratto e un figurativo? Impossibile, uno compensa l altro… forse morirò tentando.
Cavolo questo interrogatorio sta prendendo una piega diversa da come me l’ero immaginato, e niente non ho il tempo di respirare che ecco arrivare nella sua divisa piena di medaglie al valore il generale Erika Azzarello che gira per un po’ intorno a me pensando a dove colpirmi.



Inferno e Paradiso. Dittico Acrilico su tela 100×100

Irene hai una bacchetta magica per esaudire un tuo desiderio, qual è il progetto artistico che vorresti realizzare?
Solo uno!!?? La mia solita fortuna…ok lasciami pensare. Oh ma certo uno in prima fila c’è e si chiama “Muse dormienti”. Rendere finalmente tutti quei volti finalmente immortali e togliermi qualche sassolino dalle scarpe.
Dire a tutti coloro che pensavano alla mia totale rinuncia e fallimento: ecco guardatemi bene,io qui sono e qui resto! Sentirmi la nuova Frida, libera finalmente di volare.
Che progetto ambizioso il mio e mentre parlo ad alta voce,tutto è tornato normale. Io seduta al mio pc, caffè(quello non manca mai)ma nessuna lampada sparata contro il viso,nessuna stanza interrogatorio stile KGB, e loro, le mie carceriere sparite in un battito di ciglia. Speravo nella vodka ma neanche quella! E così non mi resta che concludere questo bizzarro articolo così sopra le righe proprio come me ma senza prima ringraziarvi tutte come si deve .
Dedico questo articolo a tutte le donne che continuano a far roteare birilli e una dedica speciale alle mie muse: Loana Palmas Miss Lo, Valentina De Chirico, Romina Gadau, Fantasvale, Erika Azzarello.
La vostra prigioniera non vi dimenticherà.



di Irene Casaccia

Lacrimosa olio su tela 60×80


Chi non ha mai sognato di tornare indietro nel tempo per vivere l’atmosfera misteriosa del medioevo?

Castell’arquato


Chi di noi non vorrebbe avere la macchina del tempo per poter, anche solo per un giorno, camminare per le strade di un borgo medievale intatto, entrare in un castello, sentirsi completamente immerso in un’altra epoca storica, un’ epoca che rievoca racconti fantastici, tornei, amor cortese, cavalieri e dame?. Se almeno una volta nella vita l’hai sognato, se per un giorno vuoi dimenticare la modernità, il luogo più adatto per realizzare questo desiderio è Castell’arquato. Siamo in provincia di Piacenza, all’inizio della val d’Arda, lì dove l’Appennino rompe la monotonia della pianura padana, separando quest’ultima dalle coste liguri. Il monumento più rappresentativo di Castell’arquato è la rocca viscontea, eretta tra il 1342 e il 1349 (gli anni della grande peste). Nel 1466 entra nel patrimonio degli Sforza, che la detengono fino al 1707 quando viene inglobata nel ducato di Parma e Piacenza. Sovrasta l’intero complesso il mastio di 42 metri di altezza. Al suo interno si trova il museo multimediale della vita medievale. Altri luoghi di interesse sono la collegiata di santa Maria, il palazzo del podestà, costellato di suggestivi merli a coda di rondine, e il palazzo ducale. Una curiosità : a Castell’arquato nel 1985 vennero girate delle scene del film” Ladyhawke”, ambientato proprio nel medioevo. Castell’arquato vi stupirà davvero, più di quanto si possa descrivere a parole…
E.C.



Castell’arquato


Castell’arquato


Dana. Tratto dal libro di Letizia Turrà – Lacrime di legno

Lacrime di legno – di Letizia Turrà


Tornai a casa. Ad accogliermi trovai la penombra stanca di un pomeriggio sciatto e irriverente, grigio come mai era stato nel mese di maggio.

Poggiai le chiavi sul tavolo, il cui tonfo mi fece quasi innervosire.

Respirai l’aria oberata dall’olezzo della spazzatura che avevo dimenticato di buttare.

Poi mi recai in soggiorno, e mi gettai come uno zombie sul divano. Mi voltai in direzione della libreria e presi di peso il tomo di cinquecento pagine che mi aveva regalato Martin.

Lo aprii senza troppe pretese di carpirne il significato.

Per me non contava la profondità di quelle parole, era una distrazione dilaniante e frivola quella di cui avevo bisogno.

Lo aprii a pagina sette.

“Oblio, libri, custodi…” iniziai a pronunciare ad alta voce alcune tra le parole che la mia mente riuscì a catturare.



Continuai: “Pagine, segreto, dimenticati…” e nel frattempo infilai la mano destra nei pantaloni raggiungendo velocemente le mutandine. “Nessuna, sottobraccio, rifiutato, capolavoro, dita, prenderla…emulare” tutte parole che pronunciavo a caso e sempre più a stento, ansimando, immersa in un mondo di piacere nel quale mi trovai avviluppata, impantanata come nelle sabbie mobili. Stimolai la clitoride fino a sentire l’umidità trasalire alla base delle dita.



Continuai ancora, e ancora: “Dio, versetti, Vangelo, padre…” tirai un sospiro forte e venni, leggendo quelle ultime parole.

Poi mi fermai guardando fissa la parola “padre”, fino a quando mi bagnai completamente e cacciai un urlo di sfogo, teso a liberarmi da quella possessione.

Strofinai le dita prima di tirarle fuori dai pantaloni, le portai verso il naso e constatai che avevano un odore aspro, simile a una prugna acerba.



Il liquido fuoriuscito era leggermente viscoso, come la polpa delle bacche. Mi ricordò gli alberi che aveva Martin in giardino, a casa di suo zio.

La corteccia del liquidambar è lucida e spessa, quasi liscia al contatto con la mano quando l’albero è ancora molto piccolo.

Man mano che la sua crescita avanza, la corteccia muta in una superficie marrone scuro, si squama come la pelle di una triglia, e si dilata al punto da lasciare che piccoli pezzi di tegumento finiscano per adagiarsi sul terreno.

Ero un liquidambar.

Ero un albero possente ma sfigurato, dentro e fuori, perché la mia anima era più vecchia di quel che si poteva intuire, guardandomi.



Forse avrei dovuto scrivere racconti, di quelli d’amore. Ma come si scrive dell’amore, senza rischiare poi di avere voglia di cancellare tutte le parole scritte in precedenza?

Soffrivo di un amore incosciente che riempiva la mia bocca, le mie braccia, le mie natiche e persino il mio sesso.

Soffrivo per un sentimento che non conoscevo, ma del quale sapevo di non potere fare a meno.

Dal Blog di Letizia Turrà

Lacrime di legno, Letizia Turrà

disponibile su Amazon



Oggi vi presentiamo Vitorchiano !!



A pochi chilometri da Viterbo, capoluogo della Tuscia, si erge su una rupe di roccia tufacea, il borgo medievale di Vitorchiano alle pendici dei monti cimini.
Il piazzale Umberto I cattura l’attenzione per la presenza dell’unica statua Moai al mondo al di fuori dell’isola di Pasqua, qui posata nel 1990 da un gruppo di indigeni provenienti dall’isola di Rapa Nui.
Accompagnati dallo sguardo del Moai accediamo attraversando Porta Romana, unico ingresso, al borgo medievale. Da qui ci perdiamo in un labirinto di vicoli e piazzette sulle quali si affacciano abitazioni con i caratteristici proferli, scalette esterne che portano ad un balcone dal quale si accede all’ abitazione.
Maestosa è la torre con l’orologio del palazzo comunale che domina la piazzetta sottostante, cuore del borgo.
Vitorchiano è nominata “terra fedele all’urbe” ossia fedele a Roma, per via della liberazione Romana dal dominio di Viterbo nel 1267. Ancora oggi il simbolo cittadino si fregia della sigla S.P.Q.R.
Ed è proprio nella giornata odierna, 8 Maggio, che si festeggia il santo patrono di S.Michele.
A.C.




Per il progetto #lartenonsiarrende oggi ROMINA MONTELEONE di seguito le sue parole a proposito del suo vissuto della pandemia

Romina Monteleone


Per esorcizzare la paura ho fatto un lungo bagno di emozioni ed è lì che proprio le emozioni hanno ricominciato a fluire suggerendo alla mano cosa fare. Così è nata la mia opera dedicata alla pandemia da Covid-19 “Resta a casa”. Un dittico che racconta alcuni frammenti della realtà vissuta nel mondo in questo triste periodo. L’isolamento, la morte, il sacrificio del personale medico, la disperazione, la stanchezza, la compassione, il desiderio di ritrovarsi sani e salvi. L’esecuzione di quest’opera è stata per me una forma liberatoria che mi ha permesso di aprirmi e di vivere più serenamente la situazione. L’arte, anche in questo caso, è risultata essere per me terapeutica e nello stesso tempo strumento espressivo, un perfetto binomio che è semplicemente Amore.



Romina Monteleone

di Emanuela Scanu Psicologa



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