Gli scrittori scrivono, ma poi che ne sanno della realtà? di Letizia Turrà

“La morte non è l’opposto della vita, ma parte di essa”.


Il titolo può sembrare contraddittorio visto che a dirlo sono io che scrivo da sempre praticamente, e uso le parole per gli intenti più svariati.

Tuttavia, ci sono cose che non potrai prevedere contenute nella vasta bellezza di questa vita, a volte spietatamente spavalda e sopraffacente.

Ad esempio, non puoi prevedere di scrivere un racconto che parla di suicidi giovanili, che finirà in un’antologia che verrà pubblicata ad aprile e che un bel giorno ti ritroverai a vivere in prima persona o molto da vicino sulla tua pelle quell’esperienza.

G. era una ragazza di 16 anni, come molte altre: figlia unica, occhi brillanti, faccino pulito, una famiglia che la venerava.

Si è tolta la vita giovedì scorso usando la pistola del suo papà.

Ha lasciato la nostra comunità sgomenta; la mamma e il papà straziati dal dolore con grande umiltà ieri hanno partecipato alla camminata per il paese organizzata dai suoi amici più cari e coadiuvata dalla partecipazione di gran parte della nostra comunità; ragazzi come lei, disorientati e storditi perché G. si è tolta la vita senza dare alcuna spiegazione a nessuno, e senza lasciare un biglietto che espletasse le ragioni di un gesto estremo. Sui Social aveva solo espresso la sua volontà di conoscere cosa c’era nell’aldilà – così dicono i giornali.



Non sapremo mai cosa è avvenuto davvero nella mente di G., né sapremo mai come possa un genitore sopravvivere a un figlio senza desiderare di raggiungerlo al più presto.

So soltanto che da madre mi sento devastata, addolorata e che un dolore così forte, è ingiusto, amaro, impossibile da accettare.

Ieri sera nel silenzio più sordo e surreale le nostre scarpe hanno divorato le strade buie e ammaccate del nostro paesino, un territorio popolato da circa 3800 abitanti, dove sono moltissimi i giovani che spaesati a volte non sanno dove andare.

Così l’isolamento si fa grande, l’uso spropositato della tecnologia aumenta ancora di più il senso di insicurezza, i genitori faticano a stare dietro ai figli perché lavorando stanno fuori casa quasi dieci ore al giorno.



Nel frattempo l’adolescenza arriva e coglie impreparate alcune giovani menti. Ci si ritrova spesso a sentirsi inadeguati per quel che non si possiede rispetto a un altro, per l’andamento scolastico a volte vacillante, per le amicizie che dall’oggi al domani non ti considerano più parte del “branco”, per i pettegolezzi innescati riguardo al tuo aspetto, per un amore non corrisposto, per i brufoli che si affacciano sulla tua fronte mettendo in risalto i tuoi difetti, per il bullismo di chi anziché parlarti usa la violenza fisica e verbale, si arriva anche a desiderare di farla finita perché quella sembra essere l’unica via di uscita.

Devo ammettere che ieri sotto quel manto immenso di stelle che ricopriva le nostre teste basse ho ripensato alla mia adolescenza, molto difficile anche per me, in cui mi sono sentita proprio come G..

Ieri sera decine di lanterne si sono sollevate in aria, pronte a volare per diventare stelle. Chissà se G. ha sorriso nel guardarle; voglio sperare di sì. Nel nostro comune è stato indetto il lutto cittadino per la giornata di oggi.



Intanto rifletto sull’ineluttabilità della vita, colma di bellezza ma anche tanto, tanto dissapore.

Ho depositato in cantiere 70 pagine di un romanzo in cui parlavo di una madre che perde la figlia.

Sono certa che lo riprenderò, ma non ora.

In questo momento mi sento disarmata, devo riflettere sul fatto che una cosa è descrivere con la fantasia un dolore; ben altra cosa è viverlo così, quotidianamente, mentre quella sofferenza consumerà ogni fibra di te senza che tu sappia quanto sarà in grado di distruggerti e in quanto tempo tutto ciò avverrà.

Il silenzio credo che sia la cosa più giusta da attuare, ora.

A presto, Letizia T. vai al blog di Letizia Turrà