Mario Bova e il realismo dell’anima.

Mario Bova, In segreto, Carbothello su Pastelmat, 90 x 70 cm


Sono emozioni che vivono tramite sguardi e gesti, sono attimi della vita che l’artista “cattura” e traspone nelle sue opere donando una nuova vita agli attimi fuggenti dell’esistenza umana.
Ci sorprende l’artista Mario Bova con la rappresentazione reale dei volti delle persone, portatori di emozioni e sentimenti che l’artista plasma nelle sue raffigurazioni.
Nell’opera “In segreto”, vediamo un bambino che, nel buio della notte, legge silenziosamente un libro.
L’uso del Carbothello su Pastelmat rafforza la raffigurazione della realtà.
L’artista riesce a rendere la luce in maniera del tutto fotografica, una luce che supporta la raffigurazione concretizzando quel senso di segretezza che l’artista intende conferire all’opera.
Soffermandoci sul volto notiamo lo studio accurato delle espressioni e la resa eccellente, supportata dalla luce protagonista della raffigurazione. Una luce resa alla perfezione, che riverbera mediante il bianco delle pagine e delle lenzuola, l’artista ne fa un uso sapiente mescolandola alle ombre.
Una composizione armonica e realistica, lo scatto fotografico che ruba un frammento di realtà.

di Elisabetta La Rosa



#Resistenza, Istruzioni per l’uso della felicità costante.

#46esimo giorno


Ci deve essere un posto, per quelli come noi.

Una strada che possiede un sentiero suo, con un terreno lastricato di sogni e speranze, che superino le emergenze interiori.

Ci deve essere un cuore lì, da qualche parte nel mondo, in tutto simile al nostro, che batte allo stesso modo e non scappa di fronte alla paura.

Perché è sovrano l’amore che sento, è grande il dolore che si riveste di oblio di fronte alle sofferenze degli altri.

Vorrei aiutare più persone a comprendere quanto sia ancora presente la speranza, la risposta alle nostre domande. Esiste una strada che è quella del perdono e del rispetto reciproco, che tutti noi abbiamo solo posto nel dimenticatoio.



Perché le ombre assomigliano ad una donna capace di fornirti le risposte; la cupezza è una sinuosa femmina più semplice da abbracciare, quando viene tolto tutto al nostro mondo.

E se ciò avviene, è solo per il fatto che non sappiamo riconoscere quanto importante possa essere il nostro “stare al mondo”. La spiritualità sempre più possente che ci lega, l’abbiamo lasciata in un cantuccio impolverato. Tuttavia essa non ci abbandona mai. Abbiamo ancora una possibilità di sopravvivere all’amarezza, lasciando fuori casa il nostro Ego, la bramosia di potere e/o di piacere, la ricerca smodata di un senso anche per le cose insensate, il desiderio di primeggiare o di avere ragione, la pretesa di avere in tasca la verità su quanto ci circonda, o ci succede.

Abbandonare ogni forma di Ego conduce alla piena consapevolezza del Sé.

Quando facciamo qualcosa, qualsiasi cosa, se produce gioia quella diventa un dono per gli altri; non diventa qualcosa che sottraiamo, piuttosto è qualcosa che diamo agli altri. Rendiamo consapevole e speranzoso un altro individuo, che potrà a sua volta voler riprodurre quella bellezza nella sua esistenza. E così facendo quello che hai creato è un circolo vizioso di bellezza e umanità.



Tutto il contrario di quanto ci vogliano far credere adesso.

Non v’è bisogno di religioni, per riconoscersi umani. V’è bisogno di spiritualità sempre più ampia, il cui bandolo della matassa sarà il CREDO, sotto qualunque forma.

-Credo di poter cambiare me stesso;

-Credo di poter cambiare il mondo;

-Credo nella felicità intesa non come ricerca, ma come condivisione;

-Credo nella vita che sento pulsare dentro di me.

Non vi sembra bellissimo?

So che starete pensando: “è facile per lei, è facile scriverlo, ma poi va applicato”.

Non pretendo di dirvi che sia facile accantonare la vostra sofferenza. Pretendo però di dirvi che se vi sentite infelici, è perché implicitamente avete abituato la vostra persona ad accettare quel perpetuo stato di infelicità. Siete VOI la causa dei vostri sentimenti interiori.



Non dimenticate che avete precise responsabilità come individui, qui.

Non siete stati programmati unicamente per lavorare, fare figli, mangiare, fare sesso e morire. Niente affatto! Siete molto, molto più di questo!

Siete quella stessa strada che percorrevate da bambini, quelle carezze che avete dato e ricevuto, quel dolore di quando avete perso qualcuno che amavate, quel pettegolezzo emanato e quello schiaffo ricevuto da un amico che vi ha pugnalati alle spalle.

Come avete attraversato tutto questo, è stata solo una vostra scelta; nessuno vi prepara ad incassare i colpi della vita. Potete però preparare voi stessi alla resistenza.



Resistete, condividete quanta bellezza vedete intorno a voi.

Seminate perle d’amore. Siate pazienti. Credete nel fatto che le cose miglioreranno.

Perché potranno anche togliervi la terra, la casa, i soldi. Ma quello che possedete dentro di voi, nessuno potrà portarvelo via.

NESSUNO.

Ricordate di dirvi queste parole quando vi guardate allo specchio la mattina.

IO SONO LA MIA STRADA, IO MI VOGLIO BENE, IO SONO UNA BUONA PERSONA, TUTTI MI VOGLIONO BENE E RICONOSCONO IN ME UNA PERSONA DELLA QUALE FIDARSI. SE QUALCUNO MI FA DEL MALE IO NON RISPONDERO’ NELLO STESSO MODO. SE LA VITA MI PONE UN OSTACOLO DAVANTI, FARO’ DI TUTTO PER SUPERARLO. SONO GRATA PER LA VITA CHE POSSIEDO. RINGRAZIO LE PERSONE CHE SCELGONO DI VOLERMI BENE E ANCHE QUELLE CHE RIFIUTANO DI FARLO.



Provateci, e ripetete a voi stessi quanto siete importanti per questo mondo.

Vi abbraccio, di cuore.

Dal Blog di Letizia Turrà



Le donne e l’arte al tempo del Covid19. Erika Azzarello

Erika Azzarello – Artist


Anche questa giornata sta giungendo al termine, la cinquantesima, sessantesima non so, ormai chi le conta più!
Non passa giorno che io non mi senta simile ad una reclusa, guardo da una finestra la vita che continua e quando sono veramente fortunata esco per recarmi nella mia azienda lontana dal contatto umano. Unica contiguità che riesco ad avere con un altro essere umano, è durante la coda al supermercato. Ci si scambia parole di conforto con quelle persone che in una situazione normale neanche guarderesti in faccia.
Lo so lo so, stasera ho pensieri strani. Inquietudini che girano nella mente di un’artista che gioca a fare la giornalista e trovo questo confronto quasi divertente. Così dopo uno sguardo alla posta elettronica, scorgo lei: l’mail che aspettavo. La mia prossima intervista.
Dal Veneto alla Sicilia basta solo un clic…niente autostrade, niente traffico, solo la mia fervida immaginazione che mi porta comodamente seduta nel salotto di Erika Azzarello. Tra una granita alle mandorle e una brioche col tuppo (oh se devo immaginare voglio farlo bene)io ed Erika ci raccontiamo della nostra conoscenza ai suoi corsi. Però il tempo vola ci diciamo ridendo. E si tra i vari allievi di questa bella catanese c’ero anch’io ma d’altronde come potevo non farne parte! Le chiedo di mostrarmi i suoi lavori e lei come un Cicerone mi fa strada verso il suo studio e appena entro il respiro lì si ferma. Nella luce che entra tra le tende mosse dal vento di Aprile, corpi sinuosi, volti austeri e fieri si mostrano a me senza filtri. Erika è senza dubbio un’artista con un grande carisma e in ogni suo lavoro questo ascendente traspare. A volte è solo un tocco lieve, impalpabile come soffio di pastello, a volte è graffio nero e deciso di china. Ma ora basta perdere tempo e lasciamo che sia lei a raccontarsi.



Gravity. Erika Azzarello 2016 olio su tela 120×90


Domanda di rito, Erika. Parlami un po’ di te. Come sei arrivata all’arte? Qual è stato il tuo percorso?

Come ci sono arrivata non lo ricordo, avrò avuto 2 anni! I miei genitori a volte raccontano che stavo sempre con la penna (e sottolineo penna, non matita!) in mano, anche quando non avrei dovuto… ehm…
Aneddoti a parte, il disegno è sempre stato un grande compagno. In vari modi, a seconda dell’età: dai raccontini grafici delle elementari fatti con la mia compagna di banco o a casa, agli abiti di alta moda dell’adolescenza e così via fino al diploma. Ma il tempo era sempre meno e con l’università è divenuto pari a zero. Così ho sotterrato questo impulso in fondo al cuore e per anni ho smesso del tutto, perché per me era inaccettabile dedicare le briciole del mio tempo ad una cosa che amavo. Solo 15 anni dopo, ho realizzato che facevo solo cose che non mi piacevano da troppo tempo… non ero soddisfatta di me, ne di quello che stavo facendo; allora mi sono fatta coraggio e ho ripreso la matita, contemporaneamente mi sono iscritta ad un corso di pittura. Non avevo mai studiato il colore e avevo bisogno di un impegno fisso che mi tenesse inchiodata a questa cosa e non mi facesse mollare. Da allora non ho più smesso e dopo qualche anno mi ci sono dedicata completamente. Sono molto fortunata per averlo potuto fare, per aver potuto scegliere chi volessi essere. E la mia vita è cambiata totalmente, sono cambiata come persona e tornando indietro lo rifarei ancora, ma soprattutto, lo farei prima.



Gravity V. Erika Azzarello 2018 olio su tela 120×70


Spesso nei tuoi dipinti c’è un focus sulle mani, quasi sempre tue, ritratte in diverse pose ma tutte unite da un filo conduttore: la forza. A loro puoi aggrapparti senza cadere.
È questo che volevi trasmettere o c’è altro?

Le mani non sono arrivate subito nei miei lavori, ma ad un certo punto ho capito che mi piaceva ritrarle e che anche da sole avevano una potenza espressiva enorme, direi pari a quella degli occhi. E allora spesso le rendo protagoniste per dare un senso simbolico a quello che voglio trasmettere e che io stessa provo. La serie Gravity ne è un esempio. Volevo delle inquadrature inusuali, quasi macro e che spostassero il punto di vista dell’osservatore che di solito è dall’alto o ad altezza occhi; in Gravity invece parte dal basso, ti devi sdraiare a terra per avere quella visuale. In qualche modo questo fa riflettere sulla nostra esistenza di solito fin troppo comoda, finché arriva il giorno in cui “cadiamo”, allora tutto cambia e diviene chiaro quanta importanza hanno le piccole cose di ogni giorno.



Erika Azzarello – Artist

Dall’olio all’acrilico passando per i pastelli e gli inchiostri fino alla trasparenza dell’acquerello. In quale di queste tecniche troviamo la tua dimensione?

Pensandoci potrei paragonare le varie tecniche ad altrettante storie d’amore. La matita è il primo amore, da cui torno quando ho bisogno di qualcosa di immediato; con l’olio ho un eterno conflitto, lo prendo e lo lascio, ma in effetti poi tocca ammettere che mi dà grandi soddisfazioni; con l’acrilico ho un rapporto di opportunismo, ha tentato di sedurmi ma non ci è ancora riuscito; il pastello è stato una passione, di recente un po’ affievolita, ma che ha dei sporadici ritorni di fiamma; per gli inchiostri liquidi e gli acquerelli ho un timore reverenziale, non mi sento ancora del tutto a mio agio ma ne ho un grande rispetto e mi aiutano ad imparare a lasciarmi andare di più; e infine c’è il rapporto con la biro, che mi rilassa, mi ricongiunge alla dimensione più intima di me, è un po’ come quelle persone a cui confidi tutto, con cui puoi essere sempre te stessa. L’ho scoperta tardi (non contando i disegnini della mia infanzia) ed è incredibile quello che si può fare con una semplice penna, è un mondo meraviglioso.



Quel che non puoi . Erika Azzarello 2016 olio su tela 100×90

Corpi sinuosi frammentati da colpi di pennello o tratti graffianti che scorrono su carta, catturano l’occhio del fruitore. Se potessero parlare cosa direbbero?

Non decido io del tutto cosa dicono, perché chi guarda, inevitabilmente, vi si rispecchia in base alla propria vita e in fondo è giusto così. I miei lavori sono prevalentemente autobiografici, ci sono i miei pensieri, quello che sto vivendo in un determinato periodo e che cerco di buttare fuori da me per evitare che mi sovrasti. Quindi forse direbbero “ecco, è così che mi sento, io sono questa e spero che tu mi comprenda, anche se non so dirlo a parole”.



Natura Mater. Erika Azzarello 2019 olio su tela 120×100

Sono stata tua allieva in due corsi online. Vista la grande richiesta sui social, ti piacerebbe viaggiare con dei tuoi workshop? Insegnare come una scuola d’arte itinerante?

E sei stata un’ottima allieva!
Anche se io preferisco considerarvi “compagni di viaggio”; spero di essere riuscita sempre a trasmettere l’idea che un percorso creativo è soprattutto uno scambio di esperienze. Dai miei corsisti ho imparato molto e sono grata per la fiducia nei miei confronti, l’impegno e l’entusiasmo che nel tempo molti di voi hanno dimostrato, anche dopo i corsi.
L’idea dei workshop mi ha sfiorato più di una volta, ma non ho mai approfondito i vari aspetti pratici. Dovrebbe essere un’esperienza che fa sentire tutti a proprio agio e con zero stress, per cui è una grande responsabilità, forse avrei bisogno di un collaboratore che attenzioni il lato organizzativo. Per la serie: o si fa bene o niente.
Ma mi piacerebbe molto; trascorrere il tempo con persone che condividono la stessa passione è un’esperienza che ti rimane nel cuore: l’ho provato partecipando io stessa a dei workshop, in passato.



Erika Azzarello. Serie Abissi Medousa 40×40 biro su carta. Asterias 40×40 biro su carta 2018


Domandone di rito. Cos’è l’arte per te e come è cambiata al tempo del Covid19?

Leggo e sento spesso di persone che in questo periodo stanno riscoprendo il valore di un tempo più dilatato, il piacere dei piccoli gesti quotidiani, dello stare in famiglia, ecc. ecc. Tutte cose che per la fretta e la routine avevano tralasciato. Mi fa ovviamente piacere. Ma se analizzo solo me stessa, sento che questo periodo a me, invece, non sta portando granché di buono.
Mi spiego… io di questo virus non avevo bisogno. Perché il valore del tempo, degli affetti, del respiro profondo per rigenerarsi, della bellezza di una giornata al sole o del fare qualcosa che ci rende felici, io li ho compresi già da anni. Anzi, questo momento ha bloccato una serie di progetti personali e lavorativi a cui tengo e che ho dovuto mettere in pausa forzata per il bene mio e di chi ho accanto. E’ giusto farlo, ma non posso dire di esserne felice e anche la sfera creativa ne sta risentendo, in quanto per me è strettamente collegata allo stato d’animo.
Il “dopo” non so proprio come sarà, sicuramente le opere che usciranno dagli studi e dai laboratori di tutti noi conosceranno una nuova dimensione. Ma credo che nessuno sappia ancora quale. E’ troppo presto per dirlo, perché ciascuno avrà elaborato dentro di sé una percezione strettamente personale e quindi diversa. E anche l’arte intesa come settore subirà dei cambiamenti: vorrei sperare in meglio, nel dare prevalenza alla sostanza più che all’apparenza e ai talenti più che ai personaggi.



E’ giunto il momento di ripartire. Il mio tempo qui è terminato ed Erika e io ci salutiamo come due gentil donne di un tempo passato eh si anche questa è la Sicilia. Mi allontano dal sole di Catania, e nuovamente odo quel clic che mi riconduce qui, seduta davanti al PC. Qui è sera e piove da stamattina. Ah che darei per una granita alle mandorle!

di Casaccia Irene



Fantasvale. Le donne e l’arte al tempo del Covid19



Ed eccomi di nuovo qui al PC a notte fonda a scrivere un nuovo articolo, d’altronde chi è una madre come me sa perfettamente che ventiquattro ore non bastano per far tutto. Ma a chi la do a bere, io amo scrivere di notte come amo dipingere e creare in momenti di estremo silenzio. Ok che l’articolo abbia inizio.
Può un video tutorial su YouTube svelarti i segreti dell’acquerello. Già vedo che tiri su un sopracciglio ma lascia che ti racconti questa storia e soffermati per un attimo all’emergenza che stiamo vivendo. I nostri figli non sono forse impegnati con lezioni online?
Quindi se riescono ad apprendere loro, perché non noi. E da qui arrivo dritta al punto. Valentina Scagnolari, illustratrice e nota con il nickname di Fantasvale Art Labe.
Ah vedo che annuisci, sei anche tu un navigatore di YouTube!
Ed è proprio in un momento di sconforto che navigando in questo strabiliante portale che conosco Valentina. Ero diventata mamma da tre anni ed ero presa da mio figlio a tempo pieno … l’unica cosa che mi rendeva triste era aver lasciato lo studio del mio maestro. Non riuscivo a gestire sia le sedute nel suo studio, il lavoro e la casa. Così orami rassegnata a un nuovo stop, ecco che tra la moltitudine di video, scorgo una ragazza tutta ricci e sorrisi che parla di acquerello. “Ok”- mi dico-“vediamo che sai fare,dopotutto l’acquerello lo stavo giusto imparando”-e incrocio le braccia mentre avvio il video. Vediamo se ne vale la pena! E si se ne valeva la pena, questa ragazza scanzonata era un’abile illustratrice che con una serie di tutorial minuziosi, iniziava a dare i primi approcci verso questo mostro sacro chiamato ACQUERELLO!!! In molti lo vedono come un nemico spietato, pronto a infliggerti il colpo di grazia ma, c’è una possibilità per affrontare questo famigerato nemico. Valentina ce lo ricordava ogni volta. Di anni da allora ne sono passati e nel frattempo mio figlio è cresciuto e non solo, oggi ho due figli e ho imparato a gestire tutto. Valentina è stata uno spiraglio.
Ma torniamo ad oggi. Vorresti sapere il segreto per dominare il “mostro acquerello di la verità?Ti terrò un po’ sulle spine e, a intervista finita lo svelerò. Silenzio in sala l’intervista ha inizio.



Ciao Valentina, tutti sui social ti conoscono come Fantasvale : illustratrice e YouTuber più seguita per i tuoi tutorial sull’acquerello oramai famosi.

Ma parlami un po’ di te
Chi è Valentina Scagnolari? Quali sono stati i tuoi studi?

Sono finita al classico sotto unanime consiglio dei professori delle medie. Ero brava a scrivere, amavo leggere, ero studiosa. Peccato che per il classico ci sia bisogno di grande logica e capacità di sacrificio. Sono stati anni difficili, non ho mai studiato tanto per portare a casa scarse soddisfazioni. Ma ora vivo intellettualmente di rendita e forse tornassi indietro lo rifarei.
Dopo la maturità volevo fare arte ma la scuola dei miei sogni, lo IED, era troppo lontana e troppo dispendiosa per la mia famiglia. L’accademia invece non mi sembrava adatta a me. Ho ripiegato su lingue straniere ma le scelte di ripiego non portano mai frutti. Ho passato degli anni molto tristi senza prospettive continuando a sognarmi come artista ma troppo spaventata per provare. Sono arrivata al punto di non toccare più una matita per tre anni, tanto ero convinta di non potercela fare. Per esternare il mio bisogno creativo scrivevo poesie.



Cosa ti ha spinto in una direzione diversa?

Mi ha spinto la disperazione. Una volta laureata ero disperata e frustrata perché il mio sogno di fare arte si allontanava. Qualche mese dopo la laurea ho deciso di tentare, grazie a mio fratello che vedendomi depressa mi mise il telefono in mano, una lista di corsi di pittura e disse “Adesso chiami!”.
Quel giorno stesso mi iscrissi ad un corso di acquerello per principianti.
Disegno da quando ho memoria del mondo ma fino a quel momento non avevo mai tenuto in mano un pennello. Ma ho iniziato così e tutto il resto è arrivato da solo, un passo alla volta.





Quando hai capito di voler essere un’illustratrice?

Non sapevo esattamente cosa volevo fare. Sentivo solo l’urgenza di portare all’esterno il mio mondo interiore. L’illustrazione per l’infanzia mi era totalmente sconosciuta. Fu la mia nonna paterna a farmelo scoprire. Ritagliò un trafiletto di giornale che pubblicizzava un concorso per illustratori. Mi disse “Non sei quella che vuole fare arte? Basta lamentarti che non puoi farcela e prova!”.
Provai. Non lo vinsi ma ottenni un colloquio con due famosi illustratori che analizzarono il mio scarno portfolio e mi diedero dei consigli per cominciare. Fu un primo passo.



Hai incontrato difficoltà nel realizzare questo tuo sogno?

La più grande è stata il confronto con me stessa e le mie insicurezze. Per questo adesso il mio impegno è anche quello di incoraggiare chi mi segue spronando sempre in positivo. Cerco sempre di fare capire che gli errori sono un’opportunità. Che l’unico confronto che conta è con chi siamo stati ieri.



Come e quando è arrivato YouTube ?

YouTube è arrivato nel 2009. Seguivo la scena americana e stavano nascendo i primi canali italiani. Non c’era nessuno che faceva arte e mi sono detta: “Dai Vale perché no?”. Le aziende hanno iniziato immediatamente a notarmi e il pubblico apprezzava.
Mi sono sentita sulla strada giusta.
Oggi il mio canale conta più di 300mila iscritti e più di 50 milioni di visualizzazioni. È una delle cose di cui vado più fiera.



I social sono una porta aperta verso il mondo. Ad oggi ti ritieni soddisfatta dell’aiuto che hai dato e che cosa consiglieresti a chi vorrebbe fare il tuo lavoro?

Sono soddisfatta anche se resto cosciente del fatto che si può sempre migliorare. È innegabile che i social se usati come un mezzo lavorativo sono un buon trampolino di lancio per gli artisti. Il consiglio che mi sento di dare è: aprite un profilo Instagram o un canale YouTube, divertitevi fatevi notare ma fate attenzione alla trappola dell’ego. Avere successo sui social, iniziare a ricevere molte attenzioni, può portare a gonfiare l’ego. Personalmente ho cercato di evitarlo con tutta me stessa, e il riuscirci per me è ciò che banalmente si dice “restare sé stessi”.



Cos’è l’arte per te e soprattutto in questo momento difficile,com’è cambiata la tua arte “al tempo del Covid 19 ?

L’arte per me è un ponte tra anima e mondo. È una forma di magia, mette in comunicazione ogni cosa: il dentro col fuori, l’umano col divino, il finito con l’infinito; per me l’arte è respiro vitale ma anche una grande responsabilità. L’arte costituisce le fondamenta del nostro essere umani. Per questo la mia missione è quella di trasmettere ciò che ho appreso, affinché tutti possano fare arte e costruire insieme un mondo migliore.
Oggi più di prima c’è bisogno di questo intento comune. In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo in quarantena per l’emergenza sanitaria, dobbiamo portare bellezza e valore nelle nostre vite e nelle vite degli altri.
Spero di esserci riuscita e di continuare a farlo.
Ed eccomi qui, a rileggere un’intervista ma più semplicemente una confessione fatta a cuore aperto a un’amica lontana. Ognuno ha una storia da raccontare e nessuno è arrivato alla meta senza aver consumato le suole delle scarpe. Quante porte chiuse in faccia e a quante abbiamo bussato prima che ci aprissero… questo è il messaggio che leggo tra le righe di Valentina.
E ogni volta che devo chiudere le battute finali di un articolo mi prendo un pezzettino di anima dei miei intervistati, lo chiudo bene a chiave affinché sia al sicuro e preservato nel tempo.
Ma ora veniamo all’importante segreto per sconfiggere il famigerato e temuto “Drago Degli Acquerelli”
La pazienza, solo la semplice e ambita dama pazienza può placare questo signore e ogni volta che ci sediamo dinanzi ad un foglio con i nostri bei colori e pennelli affilati, portiamo lui rispetto come un servitore fedele farebbe con il suo padrone. Detta così fa molto Medio Evo ma è così che immagino Valentina: una dama che con la sua benevolenza e pazienza ha domato il Drago.



Guardo la tavola illustrata alla quale lavoro.
E io avrò placato il mio Drago?

di Irene Casaccia



Romina Gadau. Le donne e l’arte al tempo del Covid19

Romina Gadau


Quando ho scelto chi intervistare già sapevo che sarebbe stato un successo. Tranquilli non sono una megalomane ma ho ” l’occhio lungo” e rileggendo tutte le risposte alle mie domande ,confermo la mia tesi. Ho scelto donne diverse tra loro ma unite da un forte spirito combattivo. Voci che pian piano diventano una ed unica come quella di Romina Gadau di cui andrò a raccontare.
Lei si definisce una piccola realtà ma credetemi questa signorina tutta occhi e occhiali da perfetta segretaria, ne ha di cose da raccontare!
Mettetevi comodi perché sarà un articolo corposo.

Parlami un po’ di te. Quali sono stati i tuoi studi e soprattutto quando e perchè hai deciso di fondare questa azienda che chiami una piccola realtà.

I miei studi sono stati artistici da prima al liceo Barabino per passare poi allo IED specializzandomi in illustrazioni per bambini su biglietti d’auguri e racconti. L’obbiettivo che mi ero prefissata era quello di realizzare illustrazioni digitali che oggi vediamo molto spesso. La vita però a volte ti pone delle scelte benché abbia lavorato come illustratrice ricevendo anche dei riconoscimenti tra cui cito i più importanti: il Contest per la realizzazione dell’etichetta dell’azienda San Bernardo pubblicata per molto tempo sulle loro bottiglie di acqua. E’ stata poi la volta della Stamperia, nota azienda di carte e proprio per loro dopo essermi aggiudicata il primo e secondo premio, ho realizzato due carte in stile diverso. Alla fine ho scelto la professione di grafica e web design iniziata nel 2006 fino ad arrivare al 2014. Decisa di puntare su me stessa, ho avviato la mia azienda che naviga tra grafica e personalizzazioni Spesso mi trovo a realizzare personalizzazioni basiche e poco creative, ma preferisco di gran lunga dedicarmi a quelle decisamente uniche dove inserisco anche mie lavorazioni nate dai miei disegni.



Romina tu sei una grafica che realizza prodotti personalizzati. Quanta cura c’è dietro ogni richiesta?

Questa tipologia di lavoro spesso richiede poca cura. Ci si limita a ricevere l’immagine, stamparla e creare il prodotto finito. In realtà non è così, sono minuziosa, guardo il dettaglio, consiglio i miei clienti… sai spesso capita che non abbiano idee chiare e per far si che il risultato del prodotto sia ottimale, lavoro a stretto contatto con loro: dalla bozza iniziale fino alla realizzazione finita. Per me al primo posto viene la felicità del cliente, dal mio lavoro dovrà avere qualcosa di unico e speciale.



Vista la tua passione per il disegno,non ti piacerebbe portare avanti più le tue creazioni?

Mi piacerebbe moltissimo riprendere in mano “l’attrezzatura dell’illustratore”, dalle tempere all’acquerello fino agli inchiostri che tanto mi ricordano i mie fumetti disegnati a china ma per mancanza di tempo non riesco a portare avanti entrambe le cose, anche se ogni tanto mi dedico alla mia arte infatti ho realizzato dei ricami disegnati da me con immagini di cani.




Tra i vari artisti che hanno collaborato con te posso dire con orgoglio di essere tra questi. Hai mai pensato di coinvolgerne qualcuno per una linea di prodotti da avviare sul mercato?

Si questo è un progetto che da tempo vorrei rendere reale al 100% infatti ho già collaborato con vari artisti riguardo “le tazza d’autore”e l’idea di produrre una serie a tiratura annuale rientra tra i miei sogni. Io stessa ho realizzato queste “tazze d’autore” e nel periodo natalizio ne disegno una nuova, affinché chi le acquista abbia una vera e propria collezione. Sono anch’io una collezionista di caricature o ritratti del mio cagnolino Colt.




Proprio su questa frase “piccola realtà”ti chiedo:quanto è importante nell’immenso oceano del web riuscire ad essere competitivi? Cosa lasci ai tuoi clienti, professionalità, unicità o … finisci tu la frase.

In questo oceano di squali l’unica cosa che ti distingue è la professionalità.
Fortunatamente sono circondata da persone che si fidano del mio operato e la frase che spesso mi sento dire è:” lo faccio da te perché mi fido”. Mi da soddisfazione ed è il passaparola continuo da persona a persona che mi permette di lavorare. Alla pubblicità sul web preferisco quella classica forse la più antica ma la più vincente: IL PASSAPAROLA.
Umanità è quello che aggiungerei. Io non sono una macchina,non sono un portale dove carichi la stampa per la tua maglietta. Sono una persona e sono qui per te.



Ultima domanda che forse ti suonerà strana ma nel tuo lavoro un pizzico d’arte ci vuole. Cos’è per te l’arte e com’è cambiato il tuo lavoro e il modo di gestirlo al tempo del Covid19?

Questa è una domanda difficilissima in un momento altrettanto difficile. Al momento lavoro sulla merce che ho in magazzino … molti dei miei fornitori sono fermi e mi capita di non poter accontentare i miei clienti e in più mettiamoci anche che le persone non hanno molta voglia di spendere in questo periodo. Mi sembra che la mia azienda non giri affatto. L’arte per me è realizzare quello che vedo nella mia testa,riuscire a creare cose che altri non immaginano. L’arte è qualcosa che solo con il tuo modo di essere unito a quello che fai, poi donarlo a un’altra persona trasmettendole un’emozione.



Poggio gli occhiali sulla tastiera del PC e stendendo la schiena incrocio le mani dietro la testa. Se fossi un vecchio giornalista di quelli vecchio stampo,mi accenderei una sigaretta compiaciuto e inizierei a battere a macchina, magari una Olivetti di quelle vecchio stile. Perché dico questo? Perché alla fine di ogni intervista è così che mi sento: compiaciuta e soddisfatta e di certo non perché sappia scrivere anzi tutt’altro. La verità è che attraverso me, narro la storia. Storia di donne come quella di Romina.

di Casaccia Irene